Che cos’è il paradosso del gatto di Schrödinger? Negli ultimi anni, sui social network come Facebook o Instagram, si sono viste più volte delle immagini, spesso di natura ironica, relazionate con una scatola e un gatto. L’animale a volte viene rappresentato come vivo, altre volte no. Ma cosa significa tutto questo? Perché spesso c’è il cognome Schrödinger, associato a questo gatto? In questo articolo si prova a dare una risposta a queste domande, facendo chiarezza su quello che non è altro che un esperimento mentale legato al campo della Fisica.
Chi era Schrödinger? Cosa c’entra il gatto?
Erwin Schrödinger è stato un fisico originario dell’Austria, vissuto tra la seconda metà dell’Ottocento e il Novecento. Le sue ricerche lo hanno reso uno dei più importanti esponenti del suo campo, tanto da valergli il premio Nobel per la Fisica nel 1933. Questo perché l’equazione che porta il suo nome è stata un contributo fondamentale per la meccanica quantistica.
Il paradosso del gatto di Schrödinger è un esperimento mentale, o concettuale, che venne ideato nel 1935 dal fisico da cui prende il nome. Dunque non si tratta di un esperimento vero e proprio, ma di un’ipotesi paradossale formulata per uno scopo ben preciso. Con esso Schrödinger ha cercato di illustrare come la meccanica quantistica, se applicata a un sistema fisico macroscopico anziché microscopico, fornisca risultati contraddittori.
Principi di fisica necessari per comprendere il paradosso del gatto di Schrödinger
Prima di procedere con la spiegazione del paradosso vero e proprio, occorre fare alcune precisazioni, necessarie per chi non ha mai avuto modo di affrontare i temi più complessi di una materia affascinante come la Fisica. Innanzitutto, bisogna sapere che quando si parla di radiazioni si intende un processo di decadimento atomico, un fenomeno noto nello studio della Fisica delle particelle e in quella nucleare e subnucleare. Ciò comporta la trasformazione del nucleo di un atomo, formato da protoni e neutroni, in uno o più oggetti differenti. In questo caso si parla di decadimento radioattivo, un meccanismo che può essere misurato con un contatore Geiger.
Di per sé l’esperimento non è difficile da immaginare, nonostante vada chiaramente contro il senso comune. Per iniziare, occorre pensare a “un gatto in una scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto)”. Questa è la premessa di Schrödinger, che prosegue la descrizione in maniera tanto minuziosa quanto il suo principio. La macchina all’interno della scatola va pensata come formata da un contatore Geiger, in cui occorre immaginare che sia contenuta “una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno”.
Ecco che interviene, già nella premessa, il primo postulato della meccanica quantistica, ovvero il principio di sovrapposizione, il quale afferma che due o più stati quantistici possono essere sommati, o sovrapposti, dando come risultato un altro stato quantistico valido. Vale anche l’inverso, ovvero che è possibile rappresentare ogni stato quantistico quale somma di più stati distinti. Per capire meglio cosa si intende, occorre pensare a un elemento della Fisica classica, ovvero le onde. La musica, ad esempio, è costituita da insiemi di onde sonore, che possono essere riprodotte individualmente da ogni strumento o creare una melodia che le riunisca.
Cosa vuole dimostrare il paradosso del gatto di Schrödinger?
Tornando al gatto occorre sapere che, nel caso in cui avvenga il decadimento della sostanza radioattiva, bisogna ipotizzare che si azioni un meccanismo che porta alla rottura di una fiala di cianuro e, dunque, alla morte del gatto. In caso contrario, il gatto sopravvive. Perciò dopo un’ora si può ipotizzare che il gatto sia vivo oppure morto, due condizioni che hanno la stessa probabilità di avvenire ma che non possono essere verificate in quanto la scatola permane chiusa.
Come può risultare evidente, si tratta di un esperimento che non solo non è fattibile nella realtà, per le ovvie implicazioni etiche. Anche la condizione che viene espressa risulta, proprio com’è nella volontà del suo ideatore, paradossale in quanto trasposta in un ambito in cui perde di senso. Questo non avviene, invece, nell’area della Fisica quantistica, dove i corpi studiati sono sia infinitesimamente più piccoli di un gatto, sia collegati a eventi subatomici che possono effettivamente verificarsi, oppure no.